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Risanamento strutturale Crypta romana

Cuma – Pozzuoli

Cuma, la Sibilla, Enea e le porte dell’Ade, il tempio di Apollo fanno parte del repertorio mitico della cultura occidentale. La città fu tra le più antiche fondazioni greche in Occidente, da essa si diffuse l’invenzione della scrittura nel mondo etrusco e romano per giungere fino a noi, alle nostre lettere. Oggi la città è un Parco Archeologico, al limite settentrionale dei Campi Flegrei.
La città, abbandonata nel medioevo avanzato, era suddivisa in un’altura, l’acropoli, e nei quartieri abitativi distesi ai piedi del monte intorno alla piazza antica, il foro (fig. 1). Recenti interventi hanno permesso di ampliare l’area demaniale alla città bassa, ma nonostante le nuove acquisizioni, la distribuzione delle aree oggi fruibili riflette ancora l’esito del progetto di Amedeo Maiuri al quale si deve la costituzione del Parco (1927), con una città bassa separata nettamente dal Parco archeologico superiore.
L’area della città bassa è oggi chiusa al pubblico; la Masseria del Gigante, gli edifici sacri e pubblici del foro, l’abitato, la Porta Mediana e la necropoli monumentale, sono attualmente fruibili in via straordinaria in occasione di eventi o manifestazioni culturali.
Il progetto di valorizzazione e fruizione rispetto al quale la presente relazione è da supporto, mira a superare tale divisione, rendendo fruibile anche la città bassa nell’ottica di un percorso conoscitivo organico che restituisca unità al complesso racconto storico della città.

 

La Cripta romana
Attualmente chiusa al pubblico per problemi di sicurezza la Cripta romana potrebbe rappresentare oggi una veloce via di comunicazione tra la Rocca sacra e la città bassa. Per questo motivo, nell’ambito di un progetto di valorizzazione e fruizione delle evidenze archeologiche cumane nella loro interezza, in una lettura unitaria così come si è già espresso in premessa, la galleria risulta essere un punto nevralgico.
Il monumento, scavato da Maiuri tra il 1925 e il 1931, fu interpretato inizialmente come la sede oracolare della Sibilla, poi identificato come una galleria a carattere militare.

Pinata della Galleria. Da Caputo 1998.

Nel suo aspetto attuale la Cripta è una galleria scavata nel banco di tufo giallo, lunga circa 292,5 di cui 192 ancora voltati a botte, larga in media 5 metri e alta dai 6 agli 8 metri. Voluta da Agrippa, luogotenente di Ottaviano, durante le guerre civili quale tunnel militare, nell’ottica di potenziamento strategico dell’area flegrea, era un’importante arteria ipogea di collegamento: univa, infatti, il settore a nord del Foro con l’area litoranea degli accampamenti militari, verosimilmente insediati a sud dell’acropoli.
Realizzata nel 38-36 a.C., orientata est/ovest, la galleria non segue una direttrice regolare, ma procede frazionata in quattro tratti rettilinei raccordati con un angolo di circa 10 gradi. Il singolare andamento del percorso appare condizionato a sud da diverse preesistenze, resti di cisterne, pozzi e resti di cava, che vennero sfruttate e riadattate, mentre a nord dalla presenza in alto del Santuario della terrazza inferiore.
Il primo braccio, ad est, si raccorda con la viabilità urbana antica; il secondo rispetta due grandi cisterne preesistenti, connesse all’alimentazione idrica di Cuma; il terzo piega a sud, nel rispetto del Santuario Inferiore; il quarto, infine, ad ovest, sfociava, in discesa, sull’area del litorale. L’illuminazione del percorso, accentuata da intonaco bianco o scialbature di cui erano rivestite le pareti, come sembrano suggerire lembi diffusi di tali rivestimenti, era garantita da 5 lucernai verticali (dei quali 2 ipotizzati nelle parti crollate) e tre laterali.
Eccezionali i rilievi eseguiti dai cavapietre, che realizzarono in tempi assai rapidi la galleria partendo da più punti, che mostrano con orgoglio i semplici strumenti utilizzati per l’immane lavoro: piccone, maglio, ascia-martello, cunei di legno, ancora oggi visibili sulla volta all’ingresso del vestibolo. Questo, a carattere monumentale, con la parete nord caratterizzata da 4 grandi nicchie per statue, fu aggiunto sull’estremo ovest della galleria, allorché se ne modificò l’impianto originario in epoca domizianea, per fare del tunnel una via pubblica urbana (cd. strada L). In tale occasione se ne rialzò il piano di calpestio di circa due metri, verosimilmente per motivi statici. Il percorso era, così come è oggi, in semplice terra battuta.

 

 

Procedendo verso est, a circa una sessantina di metri prima del varco
orientale, è possibile riconoscere grandi bacini tagliati nella roccia, destinati a riserve idriche dell’Acropoli in una fase precedente al passaggio della galleria.
Superando il dislivello sul lato meridionale di quest’ultima e attraversando l’entrata, ricavata in un’epoca imprecisata nel contrafforte gradonato rivestito di cocciopesto, si giunge in un primo ambiente ad L. Dalla prima camera rettangolare si può accedere ad un secondo ambiente, con un andamento irregolare assimilabile ad una T. La galleria dovette essere in uso durante tutto il II d.C., forse anche nella prima metà del secolo successivo, quando dovette crollare la parete meridionale della galleria all’altezza dell’ingresso occidentale. L’evento dovette interrompere il percorso su questo lato favorendo la frequentazione della galleria solo nella sua metà orientale, dove, durante il periodo paleocristiano, lo spazio ipogeo fu occupato da una piccola catacomba, forse di breve vita, e da un luogo di culto: si possono, infatti, leggere circa trenta loculi, tagliati nel banco di tufo delle pareti. Tra III e IV d.C. una piccola basilica rupestre fu, inoltre, realizzata al di sopra della volta della galleria, all’altezza delle cisterne grandi, forse con accesso sul lato est, in corrispondenza di resti di alcuni gradini. Di questa fase si possono ancora vedere due graffiti alti un metro al centro del lato breve a ovest, raffiguranti una palma e una corona, simboli del martirio.

La galleria fu ripristinata nel VI d.C. a scopo militare durante l’impero di Giustiniano, quando Belisario intraprese la spedizione militare per sottrarre l’Italia agli Ostrogoti. Si riconfigurò allora la statica dell’impianto per rifunzionalizzare il percorso, inserendo nuove fodere e sul lato orientale del vestibolo quattro pilastri in blocchetti di tufo, secondo la nuova tecnica edilizia di tradizione bizantina (fig. 45). Terminata la guerra greco-gotica (535-553 d.C.), non si effettuarono lavori di ripristino nella Cripta, che si interrò progressivamente cocciopesto, si giunge in un primo ambiente ad L. Dalla prima camera rettangolare si può accedere ad un secondo ambiente, con un andamento irregolare assimilabile ad una T. La galleria dovette essere in uso durante tutto il II d.C., forse anche nella prima metà del secolo successivo, quando dovette crollare la parete meridionale della galleria all’altezza dell’ingresso occidentale. L’evento dovette interrompere il percorso su questo lato favorendo la frequentazione della galleria solo nella sua metà orientale, dove, durante il periodo paleocristiano, lo spazio ipogeo fu occupato da una piccola catacomba, forse di breve vita, e da un luogo di culto: si possono, infatti, leggere circa trenta loculi, tagliati nel banco di tufo delle pareti. Tra III e IV d.C. una piccola basilica rupestre fu, inoltre, realizzata al di sopra della volta della galleria, all’altezza delle cisterne grandi, forse con accesso sul lato est, in corrispondenza di resti di alcuni gradini. Di questa fase si possono ancora vedere due graffiti alti un metro al centro del lato breve a ovest, raffiguranti una palma e una corona, simboli del martirio.