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Oasi Naturalistica Monte Nuovo – Arco Felice – Pozzuoli (NA).

Ripiantumazione e Incremento del Verde Pubblico di Monte Nuovo

Il progetto definitivo di “Rimboschimento dell’Oasi Naturalistica del Monte Nuovo” ubicato in località Arco felice nel Comune di Pozzuoli (NA), ai sensi del D.P.R. 380/2001, del D.lgs. 42/2004 e della Legge quadro in materia di incendi boschivi, 21 novembre 2000, n.353, che le attività previste nell’ambito del progetto di incremento del “Verde Urbano” consistono in:
• Preliminare ripulitura delle aree di impianto mediante il taglio della vegetazione arborea ed arbustiva irrimediabilmente compromessa dall’abbandono e dall’incendio;
• Rimboschimento di tre zone del complesso boscato del Monte Nuovo;
• Ripristino dei gradoni (terrazzamenti) attraverso il riutilizzo dei materiali ritrovati in situ;
• Riqualificazione dei sentieri naturalistici esistenti;
• Riqualificazione della viabilità carrabile esistente;
• Interventi di Prevenzione antincendio;
• Installazione di impianto di videosorveglianza;
• Attuazione dei progetti di accessibilità a basso impatto ambientale per le risalite all’Oasi con l’identificazione di porte di accesso che fungano da punti di informazione e formazione per il visitatore dell’area protetta.

1. Analisi storica
I primi dati scientifici sulle essenze arboree presenti sul Monte Nuovo nascono dalla ricerca storica, condotta nel 1923 dallo studioso Michele Guadagno pubblicato sul bollettino della soc. dei Naturalisti di Napoli, vol. XXXV (1923), pp. 238 e 306, con 4 fig. ed I Carta dal titolo “La vegetazione del Monte Nuovo e le sue origini”

Nel gennaio del 1539, cessata definitivamente ogni attività vulcanica, il Monte Nuovo veniva a trovarsi al centro di una estesa area dall’aspetto desertico, ricoperta “da una spessa coltre di ceneri e di lapilli, -che aveva distrutto ogni preesistente forma di vegetazione”.
A circa 400 anni dalla sua formazione, il processo di ripopolamento da parte di organismi vegetali delle pendici del cono vulcanico era ancora in atto.
Michele Guadagno ha ricostruito i vari stadi della colonizzazione, naturale e spontanea, di questi terreni neo formati, elaborando un accurato catalogo sistematico delle specie che hanno potuto trovare ospitalità nell’ambito di questo rilievo collinare; ha, inoltre, schematicamente descritto i principali aggruppamenti vegetali e la loro distribuzione, sia sulle pendici che all’interno del cratere. Attraverso osservazioni dirette, fatte su terreni nudi e sui quali era in corso l’insediamento della vegetazione, ha potuto anzitutto stabilire che la successione primaria non si è presumibilmente iniziata con le crittogame – muschi, licheni, epatiche – come. normalmente accade per ambienti meno aridi e cioè più favorevoli agli organismi vegetali. Sul suolo vergine del Monte Nuovo, incoerente ed arido, le specie pioniere si debbono ricercare piuttosto tra le fanerogame annue ed in particolare: Aira Capillaris, Tenorei, Avellina Michelii, Briza maxima, Erythraea radicata, Rumex buce-phalophonris, Sonchus, tenerrimus, Silene neglecta, Senecio livid11s, Sideritis l’Omana, Trifolillm arvense, T. campestre ecc., oltre che tra alcune fanerogame perenni, essenzialmente rupicole o macericole e cioè Centaurea splendens, Reichardia picroides, lnula viscosa, Satureja gmeca, Rubia peregrina.
Le specie migrate hanno preso lentamente e progressivamente possesso del terreno ed hanno dato vita a colonie, sempre più evolute e sempre più complesse, ma in gran parte ancora lungi dal concludersi nelle formazioni climax, che caratterizzano, invece, territori geologicamente più antichi e forse anche meno disturbati dall’azione antropica.
Il ripopolamento del Monte Nuovo da parte di organismi vegetali ha avuto evidente origine dalla disseminazione naturale delle entità floristiche, già insediate nelle aree circostanti. Infatti su 355 specie catalogate dal Guadagno e reperite sui fianchi del monte e nell’interno del cratere, ben 351 risultarono comuni anche per i Campi Flegrei, per cui appare evidente la identità fisionomica tra le due flore.
Le altre 4 specie invece sono: Afra Tenorei, Listera ovata, Thymus capitalis e Hiemcium Bauhini. La forma di disseminazione longinqua ha assunto cosi un carattere eccezionalità nei confronti di quella propinqua, che è stata la abituale e più sicura.
Nell’ambito dell’intero perimetro le condizioni ecologiche delle singole stazioni, hanno poi assunto la funzione di elemento selezionatore e determinante del primo rivestimento vegetale delle aree nude del Monte Nuovo, con esclusione di quelle specie, le cui esigenze ed il cui temperamento non erano in armonia con l’ambiente fisico.
Sulla distribuzione dei vari tipi di vegetazione ha esercitato una influenza particolare la caratteristica configurazione del Monte, con le pendici variamente orientate sia alle radiazioni solari che all’azione dei venti.
Le condizioni ecologiche delle singole stazioni, risentendo della varia esposizione, differiscono anche profondamente tra loro, pur presentando graduali forme di passaggio dall’una all’altra.
Il normale processo evolutivo della vegetazione è stato però bruscamente interrotto su un largo settore delle pendici esterne del monte dal rimboschimento iniziato nel 1939, eseguito per la massima parte entro il 1942 e portato a termine nel settore orientale nel 1952 Il Monte Nuovo rientra nel vasto bacino idrografico del Volturno (sottobacino di Averno – Lucrino – Alveo di Pozzuoli), ma alla base dell’intervento, furono piuttosto motivi di carattere estetico, che consigliarono di rivestire quella parte del Monte, riarsa dal sole e battuta dai venti, ancor priva di vegetazione arborea. Fin dall’antichità l’intero territorio ebbe vasta rinomanza come luogo di soggiorno e di svago per la dolcezza del clima, per le sue acque termali e per altri favorevoli requisiti.

Rientrava nel programma di avvaloramento turistico di questo tratto del golfo di Pozzuoli, che si spinge fino alla insenatura di Baia, anche il rimboschimento del Monte Nuovo. Rimboschimento che nei riflessi della vegetazione, rappresenta indubbiamente l’azione antropica di maggior consistenza dall’epoca della formazione del monte, sia per l’estensione della superficie sottoposta ad intervento, sia per la radicale brusca introduzione di specie del tutto estranee ai consorzi preesistenti ed il cui processo evolutivo, come si è visto, era in corso.
La zona dei lavori ha interessato l’intera falda meridionale, prospicente la costa e parte dei versanti esposti ad Est ad Ovest.

La pineta di pino domestico come si. presenta nel 1954 sul versante meridionale, prospiciente il Mar Tirreno.
da R. Agostini, L’influenza del rimboschimento del “Monte nuovo” (Campi Flegrei) sul processo evolutivo della vegetazione, (1954)

Allo scopo di ottenere più rapidamente la copertura del suolo, all’inizio venne posto a dimora, entro fossette, postime di Pinus Pinea, allevato in vaso, dall’età di 5 anni ed avente perciò un discreto sviluppo.
L’elevato costo delle piantine e della preparazione del terreno, le dispendiose cure iniziali e successive, compreso un inaffiamento di soccorso durante i mesi estivi, consigliarono in un secondo momento -inverno, primavera del 1941 – le semine dirette su segmenti di gradone, meglio rispondenti anche dal lato tecnico. Ed i risultati ottenuti confermarono in pieno l’ottima scelta del sistema adottato.
Contemporaneamente sul versante meridionale venne anche effettuata la semina entro fossette, di ghianda di leccio e di ginestre (CystislIs e Spartium). Per il leccio, l’esperimento fu negativo, nonostante i ripetuti tentativi. I semenzali si svilupparono stentatamente fin dal principio e le fallanze raggiunsero percentuali elevatissime. Gli esemplari superstiti sono rachitici e di nessun avvenire. All’inizio dei lavori (1940/1941) vennero collocati a dimora entro fossette, anche dei cipressi (trapianti di 1 e 2 anni).
Per riassumere e concludere, l’aspetto di maggior rilievo dell’evolversi della vegetazione nel corso di quest’ultimo trentennio, è stato, almeno nei settori più soleggiati, esposti alla salsedine ed ai venti marini, la pressoché radicale sostituzione dell’Ampelodesma e di altre graminacee elio – xerofile, che costituivano in precedenza la nota dominante, con gli elementi veri e propri della macchia che, in uno alla pineta, concorrono a delineare l’attuale fisionomia dei raggruppamenti vegetali del Monte. Della mutata situazione si sono avvantaggiate le specie meno xerofile e meno eliofile. Il rimboschimento ha influito migliorando le condizioni edafiche ed idriche del suolo, per l’accumularsi di uno strato di strame di crescente spessore in via di umificazione ed ha attenuato gli eccessi dell’insolazione, della salsedine e del vento.
Il regolare procedere della vegetazione verso stadi climatici finali è stato in tal modo accelerato, se si considera la rapidità  con cui si è attuata in quest’ultimo scorcio di tempo la trasformazione, non solo qualitativa ma anche quantitativa, degli elementi della copertura vegetale.
Non è facile fare previsioni sulla evoluzione della vegetazione, tenuto conto dei molteplici fattori di varia natura che agiscono sull’andamento della successione primaria, che si ritiene non debba discostarsi molto da questo schema: Ampelodesma manritanica, Bractujpodium raznosum, Thymus capitaius, Cistus saluijolius Erica arborea, Phillyrea sp., .llyrtus communis, Pistacia Leutiscus ~ Querclls pubescens, QlleI’CllS Ilex:
In definitiva il bosco di leccio, rappresenterebbe la formazione climax del Monte Nuovo. II pino domestico, introdotto quale specie preparatoria e del tutto estraneo all’associazione, adempie alla funzione di favorire ed accelerare questo processo evolutivo della vegetazione. Volendolo mantenere, occorrerà  costante azione dell’uomo, tale da portare l’attuale soprassuolo verso una coltura specializzata.

Il progetto di Rimboschimento
In seguito agli incendi che hanno colpito il territorio del Parco nell’estate 2019, che hanno determinato gravi danni al patrimonio di biodiversità e, contestualmente, aumentato la suscettibilità del territorio ai fenomeni di dissesto idrogeologico, riducendo, inoltre, i livelli di sicurezza per la fruizione dell’infrastruttura verde dell’area protetta, il Comune di Pozzuoli, per mezzo dell’ufficio verde Pubblico ha varato il seguente progetto di rimboschimento ed incremento delle aree a verde urbano.

Il progetto prevede un piano di interventi, e nello specifico:

• Preliminare ripulitura delle aree di impianto mediante il taglio della vegetazione arborea ed arbustiva irrimediabilmente compromessa dall’abbandono e dall’incendio;
• Rimboschimento di 3 zone dell’area dell’oasi naturalistica di Monte Nuovo;
• Riqualificazione dei sentieri naturalistici esistenti;
• Riqualificazione dei percorsi carrabili esistenti;
• Interventi di Prevenzione antincendio;
• Installazione di impianto di videosorveglianza;
• Attuazione dei progetti di accessibilità a basso impatto ambientale per le risalite all’Oasi con l’identificazione di porte di accesso che fungano da punti di informazione e formazione per il visitatore dell’area protetta.

Preliminarmente si procederà alla ripulitura delle aree di impianto mediante il taglio della vegetazione arborea ed arbustiva irrimediabilmente compromessa. Sulla base di rilievi in campo, è stato stimato un volume di taglio degli alberi morti pari a 250 m3/ha. Di queste, le latifoglie presenti nel sito (escludendo robinia e ailanto) saranno trattate con il taglio di succisione o con la pratica della tramarratura nel caso la ceppaia risulti particolarmente mortificata a causa di eventi avversi reiteratisi nel tempo.
Nel caso di specie danneggiate parzialmente dal fuoco e con presenza di nuovi polloni, già ben affermati e di sicuro avvenire, l’intervento sarà limitato alla sola rimonda del secco. Le conifere morte, invece, saranno triturate mediante cippatrice e il materiale così ricavato sarà utilizzato come pacciamatura delle nuove piantine per evitare il soffocamento e la concorrenza derivanti dalle specie erbacee.
Si prevede la lavorazione del terreno mediante apertura, lungo le curve di livello, su terreno nudo, di segmenti di gradone lunghi m 1,50 e profondi 80 cm (di cui 45-50 cm in scavo e 30-35 in riporto) scassati a mano alla profondità  di 40 cm. La sistemazione dovrà  avere una contropendenza a monte del 30%. Seguirà  la regolarizzazione delle scarpate, delle quali, quella a valle, verrà  rinforzata con pietrame (reperibile in loco dai gradoni originari dell’impianto del secolo scorso) o con piote erbose. Su terreno così preparato si effettuerà  la piantagione previo scavo a mano di una buca della ampiezza di 40x40x40 cm, di specie resinose e latifoglie. La densità  dell’impianto è pari a n.1000 piante /ha e con un sesto dell’impianto di m 3,00 x 3,33 (m 3,00 lungo le curve di livello e m 3,33 secondo la massima pendenza). Sulla superficie calcolata di ha 5,84,00 saranno messe a dimora n. 5.800 piantine per tenere conto delle probabili tare.

La necessità di individuare, per la messa a dimora delle specie arboree sesti di impianto regolari rispetto a soluzioni con forme casuali nasce da fatto di voler mettere in atto una serie precisa e mirata di azioni che razionalizzino e velocizzino la successione naturale della vegetazione, ricreando situazioni assimilabili ad ambienti boschivi ed ecotonali.
Nella definizione di un sesto di impianto è fondamentale la scelta delle specie e l’alternanza delle stesse all’interno della tipologia proposta. L’elevata densità utilizzata nella prima fase di impianto costituisce un ottimo aiuto alle giovani piante per l’instaurarsi, nel minor tempo possibile, delle dinamiche e delle sinergie presenti
all’interno dell’ecosistema che si intende ricreare. Il postime messo a dimora, solamente se ha una buona densità di impianto, si svilupperà nelle tipologie naturaliformi proposte evidenziando le tipiche conformazioni delle chiome, le simbiosi a livello radicale, la trasformazione del terreno di riporto in terreno tipico degli ecosistemi naturali, la tipologia dell’humus che andrà a formarsi, la concorrenza per la luce a livello del suolo.
Di contro la forte semplificazione già nella fase iniziale dell’impianto dovuta ad un sesto particolarmente rado determinerebbe un lento instaurarsi delle dinamiche naturali che si vogliono invece velocizzare.
Dal punto di vista della gestione post-impianto la realizzazione di soluzioni con sesti “casuali” che visivamente danno un effetto “più naturaliforme” rendono particolarmente difficili e onerosi gli interventi di piantumazione e soprattutto di manutenzione degli stessi. Per questo si ritiene che l’utilizzo di geometrie di impianto che permettano di meccanizzare gli interventi di manutenzione in modo efficace e tempestivo garantiscono il massimo grado di sicurezza per l’effetto finale che si andrà a raggiungere nel minor tempo possibile. Nelle fasi successive all’affermazione dell’impianto, si potrà poi procedere alla conversione del sesto geometrico ad uno più naturale, tramite tagli intercalari volti a regolare la densità in relazione all’età di impianto e abbattimenti mirati per favorire le piante più vigorose. Inoltre la competizione che si instaurerà in modo progressivo tra il piano dominante e quello dominato e lo strato arboreo e quello arbustivo consentirà di mitigare l’effetto visivo delle file. Nella scelta delle geometrie di impianto si apporteranno degli accorgimenti puntuali per ovviare il più efficacemente possibile all’effetto di allineamento dei soggetti arborei.
Le specie da impiegare, suscettibili di cambiamento in relazione alle disponibilità del mercato, saranno orientativamente le seguenti, suddivise per le 3 zone di rimboschimento in relazione alle diverse esposizioni e alle condizioni edafiche: