Ricostruzione del muro a tergo della
Villa Regina Margherita
Bardighera
Ubicata sul confine Nord del centro abitato della città di Bordighera, nella parte pianeggiante compresa ai piedi di una verdeggiante collina da cui “nei giorni di vento si riesce a vedere perfino la linea oscura della Corsica”, la Villa Regina Margherita è un edificio di epoca Novecentesca orientato lungo l’asse est‐ovest, con il prospetto principale rivolto a sud.
L’area in cui ricade è perimetrata, a Nord, da un muro di contenimento di altezza variabile tra i 12 ed i 15 m a valle di un versante di modesta pendenza.
L’intero versante con pendenza moderata risulta sistemato con una serie di terrazzamenti, a loro volta, contenuti da muretti “a secco” in pietra locale. Questi risultano parzialmente crollati a causa delle evidenti azioni di ruscellamento, operate delle acque superficiali, responsabili, tra l’altro, di dissesti, deformazioni, spanciamenti e parziali crolli, dei muretti di contenimento.
L’antica residenza privata della regina Margherita di Savoia, Villa Margherita è, oggi, uno degli stabili più pregevoli del Comune di Bordighera. Per volere della stessa Regina, essa fu costruita nel 1914 in puro stile Neoclassico da un progetto dell’architetto Luigi Broggi, uno dei più promettenti architetti della scuola del Boito. Edificata all’interno di un parco secolare, essa fu inaugurata nel Febbraio del 1916 come residenza reale ufficiale durante la stagione fredda. L’area di edificazione del nuovo edificio fu scelto con cura dall’architetto in base alle esigenze della Regina, la quale affermava: “…allora studiamo la nuova villa e facciamola in alto in modo che dalla mia camera io possa vedere sempre il mare”. Il posto ideale, quindi, fu identicato proprio in quello spiazzo posto a metà tra la costa e la collina, da cui “nei giorni di vento si riesce a vedere perfino la linea oscura della Corsica.
La Villa, che sorge su un’area non totalmente pianeggiante, è formata da un piano seminterrato, un pianterreno rialzato, due piani e da un terrazzo di copertura praticabile decorato in marmo. Dal terrazzo è possibile raggiungere il Parco posto sulla collina retrostante tramite una passerella di collegamento che collega la Villa con il pendio
Nel 1929, tre anni dopo la morte della Regina Margherita, il Re Vittorio Emanuele III donò la Villa di Bordighera all’Associazione Nazionale Famiglie dei Caduti e Dispersi in Guerra. La proprietà (la Villa propriamente detta, il parco e Villa Etelinda) venne adattata a Casa di Riposo per congiunti di Caduti in guerra. Disponeva di 150 posti, una parte dei quali temporanei, ed alcuni gratuiti, “per le socie indigenti”. I ricoveri permanenti, a Villa Etelinda, erano riservati a genitori e vedove di Caduti “di condizione povera”. Sempre nel 1929 l’Associazione diede alle stampe un opuscolo che illustrava l’adattamento della proprietà al nuovo scopo, e la sistemazione di gran parte del terreno a coltivazione di mimose e margherite.
L’area d’intervento presenta macroscopiche criticità afferenti sia la particolare dinamica del crollo avvenuto, sia per quanto concerne l’individuazione dei coefficienti di sicurezza propri delle parti del terrapieno ancora in sito. Questo si estende alle spalle del complesso edilizio di Villa Margherita, costituendo anche ulteriore margine di sicurezza per una tratta che va oltre i suoi corpi di fabbrica, che si trovano ai piedi di una ripida ed alta scarpata. Già in prima impressione può valutarsi che il meccanismo di rovinoso collasso sviluppatosi in un’area intermedia di detta scarpata, è inequivocabilmente di tipo fragile. Categoria per la quale il cinematismo di perdita di equilibrio del terreno è estremamente rapido e comunque, in genere, tale da impedire di porre in essere, con successo, adeguati sistemi di monitoraggio rivolti ad assicurare la salvaguardia per la pubblica e privata incolumità.
In estrema sintesi dalla descrizione di tutto quant’innanzi si evince la perdurante sussistenza, sui luoghi, di una situazione di impraticabilità delle aree interessate dal dissesto in argomento.
Tale e tanto è il concreto pericolo d’innesco di nuovi e improvvisi cinematismi di crollo.
Da qui discende che gli interventi a farsi non potranno conoscere fasi realizzative di tipo intermedio, in quanto è di tutta evidenza che, non solo l’intera area necessità di una stabilizzazione globale, ma che questa potrà essere conseguita anche a tratti, successivi, ma sempre in regime di una raggiunta piena sicurezza, per ognuno di detti tratti.
Gli interventi previsti, in sintesi consistono in:
– approfondimento del grado di conoscenza del sito attraverso rilevamenti strumentali e diagnostica sperimentale in situ e in laboratorio
– Rilevo e studio approfondito della muratura esistente attraverso rilievo geometrico accurato del paramento con lettura della tessitura muraria, individuazione delle dimensioni ricorrenti dei blocchi e individuazione dei corsi di ripianamento.
– Smontaggio della muratura eseguito per “cantieri alternati”
– Interventi di consolidamento del terreno, in particolare per quanto riguarda la porzione di terreno franato attraverso inserimento di gabbioni metallici riempiti con Geomix
– Inserimento di rete elettrosaldata di contenimento del terreno
– Realizzazione di struttura di contenimento in pilastri e travi in C.A. con predisposizione del relativo sistema di drenaggio delle acque piovane
– Ricostruzione del rivestimento murario in pietra locale.
Le analisi ed i rilievi effettuati mostrano la complessità del paramento murario esistente che denuncia il suo ruolo di rivestimento e non già di contenimento strutturale. Esso si configura come un paramento murario di conci di pietra locale legati da malta di calce, con conci di misura e spessore variabile.
In accordo con le esigenze di consolidamento e messa in sicurezza del pendio, e di raggiungimento di adeguati livelli di sicurezza, esso deve essere assolutamente conservato in quanto elemento appartenente alla tradizione storica costruttiva dei luoghi e componente dell’identità locale.
A tal fine, a seguito dell’inserimento della nuova struttura di contenimento, l’intero paramento sarà rimontato riutilizzando al massimo, nella ricomposizione, i conci di pietra crollati e conservati in loco. Per quanto riguarda la parte crollata a seguito della frana, essa sarà ricostituita con i conci originari conservati e, nel caso di eventuali integrazioni, la scelta verterà sull’utilizzo di materiali “compatibili” con quelli esistenti. La compatibilità è legata essenzialmente ai seguenti fattori: compatibilità chimica, miglior adesione possibile, stabilità dimensionale nel tempo, simili comportamenti termici ed elastici.
I materiali da utilizzare saranno individuati attraverso specifiche indagini effettuate sui materiali rinvenuti sul posto.
Tramite rilievo accurato dell’intera area di intervento, eseguito preventivamente all’esecuzione degli interventi, studio delle pendenze e rilievo dei terrazzamenti esistenti, sarà possibile, a seguito dell’esecuzione degli interventi di consolidamento, riconfigurare l’intero pendio secondo l’andamento originario del terreno, attraverso riempimenti con terreno vegetale e ricostruzione dei muretti a secco crollati.
Si prevede, inoltre, la ricostruzione del pergolato in pietra crollato a seguito dell’evento franoso, di cui si ritrovano in situ poche tracce. Il pergolato sarà ricostituito secondo la conformazione originale mediante la realizzazione di pilastri in pietra locale sormontati da pergolato in ferro‐legno. Tale configurazione è stata desunta dalla perizia tecnica allegata al bando e di in particolare dalla seguente foto nella quale si evince il numero dei pilastri crollati e la struttura in ferro e legno soprastante.
Sul versante a ridosso della villa, sarà opportuno integrare la ringhiera di protezione in ferro, parzialmente crollata, ai fini della messa in sicurezza della passeggiata.